samedi 4 février 2017

RUSSIA/ USA 2: È TEMPO DI GOVERNARE.

Come abbiamo già scritto, non è scontato che gli Stati Uniti considerino la Russia come un alleato, la loro lotta e le loro aspettative essendo diverse. D. Trump ha iniziato un feroce attacco del sistema neoliberista (e postmoderno) e delle sue componenti, mentre la Russia era in attesa del ritorno di una nuova ridistribuzione del mondo. Gratuitamente. Se la Russia non corregge rotta, rischia di perdere il posto.

L'arrivo di D. Trump alla presidenza degli Stati Uniti è stata accompagnata da un dibattito continuo nei media russi, da parte dei politici, che affermano che le sanzioni contro la Russia volgono alla fine, l'eventuale riconoscimento della Crimea ed il ritorno nel girone geopolitico  russo dei paesi confinanti. In breve, una nuova Yalta. Ma senza i 27 milioni di morti sovietici della Seconda Guerra Mondiale. Proprio così, a titolo gratuito, perché D. Trump è a priori un alleato.

Essendosi posta in  posizione di attore richiedente, visualizzando le aspettative a cielo aperto, non solo la Russia ha complicato il compito degli Stati Uniti, se mai questi fossero stati veramente intenzioni a prendere tali decisioni - ora, ovviamente, impossibile perché troppo presto pubblicizzate - ma soprattutto la Russia ha indebolito la propria posizione di partenza trovandosi oggi in una situazione di stallo: come reagire, senza perdere la faccia, per le dichiarazioni non esattamente amichevoli  di promesse di amicizia eterna?

E su questo punto, sembra che l'Ucraina abbia trovato ottimi consiglieri, lontano dal gruppo post-modernista (sulla scia di Kirienko e l'invincibile Surkov) che ha invaso l'amministrazione presidenziale russa ed è totalmente inadatta al nuovo paradigma delle relazioni russo-americane.

Consideriamo alcuni esempi.

L'ambasciatore degli Stati Uniti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Nikki Haley dice che la Crimea é ucraina e che le sanzioni saranno abolite quando la Russia cesserà l'occupazione:
"The United States continues to condemn and call for an immediate end to the Russian occupation of Crimea," said Nikki Haley, President Donald Trump's envoy to the world body. "Crimea is a part of Ukraine. Our Crimea-related sanctions will remain in place until Russia returns control over the peninsula to Ukraine."
I commentatori russi si perdono allora a ipotizzare congetture sulla situazione per tutta la giornata di ieri sulla stampa e sulle televisoni. La spiegazione è semplice: è cattiva, ma lo zar è buono, quindi non è responsabile. Così, non avrebbe raccomandazioni dalla Casa Bianca e le sue parole non impegano che lei. Come prova, le sue posizioni sono molto diverse dalle dichiarazioni D. Trump durante la sua campagna elettorale.

Infatti, molto diverse. Ma il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, ha messo fine alle illusioni nel breafing del 3 febbraio:
Q  Ambassador Nikki Haley came out with a strong statement on Russia yesterday.  Does the administration have plans to keep the sanctions against Russia in place, or do they have any intention of adding more sanctions?
MR. SPICER:  So there's two things.  One, I think I commented the other day on the sanctions that Treasury put out.  Those are, in fact, routine -- or the clarification -- they are a routine clarification that occurs.  With respect to the sanctions, I think Ambassador Haley made it very clear of our concern with Russia's occupation of Crimea.  We are not -- and so I think she spoke very forcefully and clearly on that. 
La posizione di N. Haley è la posizione ufficiale degli Stati Uniti. Il portavoce del Cremlino, D. Peskov ha detto che la Russia non si era fatta grandi illusioni circa la cancellazione delle sanzioni. Il che è una buona cosa. Ma ciò è per il momento senza alcuna conseguenza per quanto riguarda la posizione russa. Tuttavia, la retorica anti-russa continua nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Senza isteria senza indebolimento. Fredda e razionale. Molto più pericolosa di S. Power.

In risposta, l'ambasciatore russo alle Nazioni Unite, V. Tchurkine, ha invitato il suo omologo americano ad una discussione nella sua residenza, solo per dichiarare che entrambe le parti sono pronte a lavorare a stretto contatto con le Nazioni Unite. Aspettiamo la dichiarazione successiva.

È vero che quando un paese decide di una linea politica, è oggettivamente difficile cambiarla. Così, è stato con il nuovo Segretario di Stato, Rex Tillerson, quando afferma che la Russia è un pericolo. Il ministro degli Esteri russo S. Lavrov, si congratula per la sua nomina con la speranza di un rapporto costruttivo.

Anche sull'Ucraina la reazione russa è sorprendente. L'Ucraina riconosce la sua offensiva contro il Donbass apertamente, e non solo nei media ucraini, ma anche lanciando alla faccia dei giornalisti russi del canale pubblico russo Rossya 1 nella trasmissione "60 minuti" di ieri. Il politologo ucraino V. Kovtun lo dice con violenza:
"L'Ucraina continuerà l'offensiva fino ai  suoi confini e non si fermarà  fino a quando non avrà recuperato la sua terra. Gli accordi Minsk non sono lì per fermare l'esercito ucraino, ma per mantenere le sanzioni contro la Russia."
E, in effetti, siamo stupiti dalla stranissima formulazione scelta dal portavoce del Cremlino, D. Peskov, circa l'escalation del conflitto nella Donbas:
"La Russia può intervenire solo sul piano politico e diplomatico, lo fa (...) La sfida principale é  convincere Kiev ad abbandonare la sua avventura criminale, un'avventura che può mettere un termine al processo la pace. (...) resta solo da sperare che la DNR abbia abbastanza munizioni per rispondere alle azioni aggressive dell'esercito ucraino ".
Dio sia con voi fratelli! È questa la traduzione? Spero ce ne sia un'altra.

Su questo punto, Kiev ha avuto degli ottimi consulenti. Prima, durante le offensive ucraine, la reazione era più forte con conseguenze l'ampliamento dei territorii della DNR (come in Debaltsevo, per esempio). Ora questo rischio non esiste più, la Russia non vuole entrare in conflitto con Trump e la DNR è costretta ad una guerra difensiva. Ma non si vince una guerra con una strategia esclusivamente difensiva.

Mosca non riesce ad adattarsi alla nuova amministrazione americana e spera ancora che il sole brilli sulle loro relazioni e non ha il coraggio di muovere un dito, respira delicatamente  per paura di fare troppo rumore. Nel frattempo, D. Trump governa in modo aggressivo per mettere in atto gli schemi politici che ritiene necessari. E in alcun caso mette in discussione il predominio americano, dal momento che vuole rafforzare il paese. Egli non ha motivo di condividere il potere, a meno di  esserne costretto. E, stranamente, la Russia non utilizza questo tempo per alzare la posta in gioco e mettere le sue pedine. Aspetta, dice che perdona, che capisce, spera. Trump è tornato alla politica nazionale, quella di difendere l'interesse nazionale. La Russia è impantanata nel post-modernismo, proprio quello che ha indebolito l'Europa. Se non cambia la sua strategia, il rischio é che sia troppo tardi per avere qualcosa da scambiare nel tanto - e troppo - atteso incontro Putin/Trump che si terrà. La Russia esiste indipendentemente da Trump degli Stati Uniti e dei loro interessi.

Dovrà riprendersi, prima di risentire urlare un certo Gelezniak, come nel 1917:  Караул устал! La guardia è stanca, è giunto il momento di governare. Sarebbe un triste anniversario.

Articolo originale di Karine Bechet-Golovko:

Trad. e ad. a cura di O. V.