samedi 2 décembre 2017

Morte di un cane



(estratto dal mio diario dal fronte)

Martedì 21 novembre 2017 ...


Alle 11:00 , tra una rafficha nervosa di kalashnikov e l'altra, un gemito canino rompe il silenzio effimero di un fronte schiacciato dalla neve e dal fuoco.

Dalle porte della parete ovest, vado alla ricerca di questo povero animale, mentre mi giungono le risate stupide e malvage degli ucraini che commentano il loro tiro altrettanto facile che vile (siamo a 100 metri dalla prima posizione nemica)

Questi soldati persi tra noia e stupidità sono stati guidati dal loro odio insaziabile per questo povero animale che vagava nel suo universo devastato, fedele forse alle rovine di una dacia di famiglia o alle carezze di un soldato.

Ho percorso il campo arato con sguardo indignato, cercando invano, nel mezzo del caos battuto dal fuoco nemico, quel povero cane per mettere fine alla sua agonia insopportabile. Avrei voluto anche in quel momento, sicuramente cedendo ad una forma di odio, trovare nella mia linea di mira il suo assassino, per porre fine alla sua pietosa idiozia.

Sfortunatamente non ho potuto vendicare la morte di questo fedele compagno dell'Uomo né di ridurre le sue sofferenze. Così sono tornato pensieroso a prepararmi per il mio turno di sentinella, aggrappato alla magra soddisfazione che questo atto odioso e gratuito, che mette il peggiore degli animali selvaggi alla stregua di un essere civilizzato, non sia stato l'atto di un commilitone repubblicano. La vergogna aggiunta alla tristezza sarebbe stata enorme!

Mourka, la nostra fedele felina errante é  venuta a tenermi compagnia nell'osservazione di questo spazio alla frontiera del nulla, ascoltando con me gli ultimi spasmi di questo povero lupo diventato cane attraverso i secoli per essere finalmente tradito da colui che esso ha aiutato, protetto e per chi ha sacrificato la sua libertà selvaggia ...

Poco a poco, i gemiti sono scomparsi nel freddo e nel silenzio di una neve diventata un sudario ...

Il fronte è anche questo, un mondo chiuso in cui i destini "delle anime che bruciano" e messe a nudo dalla guerra, si fondono fraternamente davanti alla fragilità della vita che restituisce questo valore inestimabile e sacro che abbiamo giurato di difendere nelle trincee del Donbass ...

Erwan Castel, volontario nel Donbass

Trad. e ad. a cura di O.V.


lundi 18 septembre 2017

Rohingyas: attenti al lupo...

Rohingyas: ideologie e approccio delle vittime


Il problema con un'ideologia, qualunque essa sia, è che il suo approccio alla realtà è raramente coerente con i fatti. Lenin ha affermato che esistevano solo due ideologie, un'ideologia borghese o un'ideologia socialista (1). In questo, come in altri punti altrove, sbagliava. Ce n'è una terza: l'ideologia dell'Islam militante o dell'Islamismo. Così Jules Monnerot era nel giusto quando affermava che l'Islam sarebbe stato il comunismo del ventesimo secolo (2). Questa affermazione è rivelata e osservata tutti i giorni, i media ce ne forniscono elementi a flusso continuo. Per illustrarlo, guarderemo cosa sta succedendo nel sud-est asiatico, in particolare in Myanmar, in precedenza la Birmania.

Il pubblico ha scoperto negli ultimi anni e ancor più negli ultimi mesi, una minoranza la cui esistenza era sconosciuta fino ad oggi: i Rohingyas. Minoranza etnica e religiosa, essa è una di quelle che compongono l'insieme degli abitanti del Myanmar, a maggioranza buddista birmana. Purtroppo, l'approccio del pubblico al conflitto in questione, avviene in seguito alle informazioni che vengono date, in modo troncato; la spiegazione data è monocausale. Nulla è più falso, soprattutto in materia geopolitica.

Manifestazione di buddisti birmani  del Ma-Ba-Tha


Un terzo di esclusi

I Rohingya sono un sottogruppo del popolo bengalese sul territorio attuale del Myanmar dopo gli orrori della colonizzazione britannica. Gli inglesi hanno utilizzato i Rohingya nella repressione contro i birmani, sia durante la conquista di quella che sarebbe diventata la britannique Raj o al momento dell'indipendenza. Questa minoranza non è mai stata considerata da quasi tutti residenti della Birmania (poi Myanmar) come legittimamente facente parte dei popoli che costituiscono la "nazione birmana". Di gruppi etnici, il Myanmar ne conta molti - quasi 130 (3) - e non sempre in sintonia con il potere attuale di Naypyidaw (4). In effetti, sia con gli Shan, i Chin, e i Karen, molti conflitti hanno guastato i rapporti con il governo al potere dall'indipendenza nel gennaio 1948, anche sotto la giunta militare tra il 1962 e il 2011 e fino a oggi.

I Rohingyas parlano quasi esclusivamente Bengali, e non sono né integrati né addirittura assimilati ai loro compatrioti buddisti. A lungo discriminati e perseguitati nel paese (non è loro permesso di uscire dal Rakhine, non hanno documenti d'identità), essi non vengono considerati veri cittadini a parte intera, ma hanno lo status di "associati" con la Birmania; insomma, sono in una posizione molto più difficile rispetto ad altre minoranze etniche o religiose, spesso perseguitate.

Geograficamente, i Rohingya sono raggruppati nel Myanmar occidentale, vicino al confine con il Bangladesh, nel nord della provincia di Arakan (Rakhine), e in una zona aperta sul Golfo del Bengala. Essi costituiscono una delle minoranze in questa provincia, davanti alla maggioranza degli Arakanais (buddisti).

Minoranza etnica, i Rohingyas sono anche una minoranza religiosa in quanto sono musulmani. È qui che entra in gioco l'approccio ideologico del conflitto (di cui abbiamo parlato nel preambolo). È qui che i fatti sono mascherati, e si apre lo script (mediatico). Mentre ci viene presentato il conflitto sotto un angolo esclusivamente religioso (musulmani gentili contro i buddisti cattivi), potremmo dire, usando un termine giuridico, che l'Islam non è l'evento generatore del conflitto. In realtà, esistono altre forti minoranze musulmane in Myanmar: vi sono quelli di origine indiana e quelli di origine cinese (Panthays). Ora, cosa troviamo? Che queste due altre minoranze musulmane in Myanmar non hanno alcun problema di integrazione e non sono discriminati e disprezzati dalle autorità e/o dal popolo del Myanmar, e che non vi è un conflitto della stessa natura di cui sono coinvolti i Rohingyas. E così, mostrando ciò che succede laggiù dal punto di vista di una minoranza musulmana oppressa e dal solo fatto che professa l'Islam, la cosa non regge. D'altra parte, coloro che hanno un particolare interesse a vedere il conflitto in questo modo sono gli ideologhi: islamisti e globalisti.

Gli islamisti

I primi ideologhi sono gli islamisti locali (Rohingyas, Bengalesi), regionali (Tailandia meridionale, Malesia, Filippine e Indonesia) e naturalmente quelli del movimento islamico pro-califatico (Al-Qaeda, Stato islamico, Hizb-ut-Tahrir, ecc.). Sottolineando questa posizione di vittime, i musulmani non appaiono più nei media con l'etichetta" terroristi barbari "," oppressori "o" sanguinari ", ma come oppressi, uno status privilegiato che fa appello ai sentimenti ed esonera qualsiasi analisi (5), tanto l'emozione uccide la ragione. Inoltre, invitando i musulmani di tutto il mondo ad agire contro coloro che sono al potere nel Naypyidaw, consente a questi ideologhi di non solo aprire un nuovo focolare per i combattenti jihadisti, ma anche di mobilitare i musulmani nel mondo intero (la Umma), di fronte ad un nemico cattivo in una causa transnazionale e globale.

 
 Manifestazione pro-Rohingyas a Dacca (Bangladesh),
dei partigiani del movimento islamista Hefazat-e-Islam


Va notato che in questo conflitto le armi non sono solo da un lato. I Rohingyas non sono solo vittime. Anche loro uccideno e distruggono. E con la stessa ferocia e odio degli estremisti birmani, civili o militari. I Rohingyas non sono sparsi e senza strutture di combattimento. Hanno armato, addestrato gruppi mobili, tra cui quello di Al-Yaqin Harakah che si fa chiamare Arakan Rohingya Salvation Army (ARSA) quando si comunica con i giornalisti occidentali. Infine, questo conflitto non è limitato ai confini del territorio birmano dell'Arakan. Un certo numero di combattenti sono Rohingya jihadisti militanti a stretto contatto con Harakat al-Jihad al Islami vicino al Bangladesh, essendo stato addestrato dal ISI (servizi pakistani), spesso passati attraverso madrasse (scuole coraniche) pachistane e avendo conosciuto il teatro di guerra afgano. Dei legami sono stati osservati, del resto, in particolare tra gli insorti delle tre province meridionali del sud tailandese e le organizzazioni musulmane come la Rohingya Solidarity Organisation (RSO), Arakan Rohingya Islamic Front (ARIF) e l'Organizzazione Nazionale Arakan Rohingya (ARNO) . Va notato a questo proposito, che la maggior parte di questi gruppi islamici armati hanno la loro sede nel Bangladesh e che beneficiano della benevolenza degli Stati Uniti e della Gran Bretagna.

I globalisti

Gli altri ideologi sono i globalisti. Quesi ultimi usano un'altra molla ideologica: i "diritti umani", e ciò per semplici ma colossali interessi finanziari. Questi globalisti appartengono a due gruppi che non sono esenti da legami privati ​​e statali. I primi erano grossi gruppi petroliferi (in particolare britannici e americani, come Exxon, British Petroleum, ma anche Shell, ecc.). Infatti, si può notare che il gruppo Total, presente nel Myanmar dal 1992, ha subito incessanti attacchi da parte delle ONG anglosassoni, le organizzazioni "umanitarie" spinte e finanziate da gruppi petroliferi, per due decenni. Lo scopo di queste azioni protette dal paravento dei "diritti umani", era quello di accusare il gruppo francese di "collusione con il regime birmano sanguinario" e, quindi fare revocare a Total le sua licenza di esercizio per lo sfruttamento delle risorse di idrocarburi (gas e olio) nel Myanmar e in particolare nel settore gas offshore di Yadana (che Total sfrutta per una percentuale del 31,2%). Una esclusione che andrebbe a vantaggio dei suoi concorrenti.

Gli altri globalisti sono gli Stati Uniti, che in azioni non rivolte direttamente al Naypyidaw in quanto tale, ma piuttosto alla Cina, un pilastro del regime birmano, in un gioco di bigliardo con diverse bande. Ricordiamo che un oleodotto è stato costruito, che collega Yunnan (Kunming) con le rive della Baia del Bengala (porto di Kyaukphyu in provincia di Arakan); un gasodotto finanziato dalla Cina, molto importante per la fornitura di gas a Pechino. È dunque facile capire che i disordini regionali in un paese (il Myanmar), messo al bando dalle Nazioni per le sue esazioni dirette o indirette contro una parte della sua popolazione, un conflitto armato o un gasodotto danneggiato e/o reso inoperante, ostacolerebbe la Repubblica Popolare Cinese.

 
Piattaforma offshore della compagnia Total sul campo di Yadana, blocco M5-M6

Questi due tipi di ideologhi, al di là delle rispettive motivazioni, applaudiscono solo se per spingere in avanti questo conflitto (a scapito di altri nel pianeta), perché per gli uni esso mobilita non solo l'Umma musulmana, coagulando la tendenza radicale islamica e jihadista verso un nuovo ascesso di fissazione e disturbo regionale; per gli altri permette di mettere in avanti interessi economici e destabilizzare un potente rivale (la Cina), attraverso organizzazioni a scopi "umanitari" che finanziano e manipolano.

Aung San Suu Kyi, Conseigliere di Stato del Myanmar, in compagnia del Primo ministro cinese Xi Jinping


Fino ad allora lodata e adulata dalle capitali occidentali, Aung San Suu Kyi è oggi rimproverata per non aver parlato di questo conflitto. Bisogna dire che l'ex musa ispiratrice dei globalisti - beniamina dei diritti umanisti, figlia dell'iper-classe e il vincitrice del Premio Nobel per la Pace - che era stata usata per diminuire il potere della giunta negli anni 1990-2010, essendo birmana e buddista non può dissociarsi dalla maggioranza del suo popolo composto all'88% di buddisti. Inoltre, conosce l'importanza di Pechino e l'aspetto vitale della pipeline cinese. Misura anche l'influenza dei buddhisti nazionalisti, sia che si tratti del movimento del 969 del monaco Ashin Wirathu Monk o della Fondazione Filantropica Buddha Dhamma, guidato dal monaco Tilawka Biwuntha. Così, Aung San non difenderà mai la causa dei Rohingyas e il suo iconico scoppio di democrazia costruito negli anni '90 sarà probabilmente sempre più sbiadito nei media mainstream. È quindi da temere che questi scontri continuino, dato che vengono alimentati e desiderati all'interno da estremisti buddisti e militari oltre che Rohingyas, e al di fuori del paese da ideologhi Islamisti e globalisti.


Testo originale di Philippe Raggi:

Adatt. a cura di O. V.

Note:
(1) Les Origines intellectuelles du léninisme, éd. Calmann-Lévy, 1977.
(2) Sociologie du communisme, échec d'une tentative religieuse au XXe siècle, Paris, éd. Libres-Hallier, 1979.
(3) Officiellement, il y en a 135.
(4) L’ancienne capitale, Rangoun demeurant néanmoins capitale économique.
(5) On lira avec intérêt le livre de François Thual, Les conflicts identitaires, éd. Ellipses, 1995.
(6) Lire : http://www.total.com/fr/medias/actualite/communiques/myanmar-total-met-en-production-le-projet-gazier-badamyar?xtmc=exploration%20production%20myanmar&xtnp=1&xtcr=3
(7) Cf. l’étude faite par Eric Denécé, directeur du Centre Français de Recherche sur le Renseignement, sur le sujet de ces ONG en Birmanie (http://www.cf2r.org/fr/editorial-eric-denece.php).
(8) Le pipe-line pourra approvisionner en pétrole brut la République Populaire de Chine à hauteur de 6% du total de ses importations. Le transport de gaz est, lui, déjà opérationnel. (Cf. https://www.ft.com/content/21d5f650-1e6a-11e7-a454-ab04428977f9)


(9) Cette instrumentalisation d’idiots utiles en arrive à un tel point que l’on devrait requalifier certaines ONG en GONG, des Governemental ONG, comme le dirait Eric Denécé.

Iconografie :

Ma-Ba-Tha
http://www.freemalaysiatoday.com/category/world/2017/05/27/myanmars-hardline-monks-gather-despite-ban/

Manifestation Islam Pro-Rohingyas
http://www.newagebd.net/article/3532/atrocities-on-rohingyas-protests-rage-across-asia

Yadana blocs M5-M6
http://www.total.com/fr/news/total-au-myanmar-un-developpement-continu

Conseiller d’Etat Aung San Suuu Kyi et Premier Ministre Xi Jinping
https://www.voanews.com/a/chinese-burmese-leaders-look-to-strengthen-ties/3471814.html

jeudi 10 août 2017

Suggerimento su una possibile fine del mondo. Come potrebbe andare a finire

ovvero "Sulla spiaggia 2017", di John Pilger


Il capitano del sottomarino US: "Un giorno o l'altro dovremo morire tutti, chi prima e chi dopo. Il problema è che non si è mai pronti, perché non si sa quando il momento arriverà. Bene, ora lo sappiamo e non possiamo farci nulla per evitarlo".

Dice anche che sarà morto entro settembre. Che ci vorrà circa una settimana per morire, anche se nessuno può esserne sicuro. Dice che gli animali vivranno più a lungo.

La guerra finì in un mese. Gli Stati Uniti, la Russia e la Cina ne erano stati i protagonisti. Non è chiaro se tutto era iniziato per caso o per errore. Non ci fu nessun vincitore. L'emisfero nord era contaminato e senza vita.

Una cortina di radioattività si stava muovendo in direzione sud, verso l'Australia e la Nuova Zelanda, Sud Africa e Sud America. Entro settembre le ultime città, paesi e villaggi saranno spariti. Come nel nord, la maggior parte degli edifici rimarranno intatti, alcuni illuminati da alcune scintille di luce elettrica.

"Questo è il modo in cui finisce il mondo
Non con un bang, ma con un lamento"

Queste due linee della poesia di T. S. Eliot "Gli uomini vuoti" appaiono all'inizio del romanzo di Nevil Shute "Sulla spiaggia", romanzo che mi ha lasciato con le lacrime agli occhi. Le diciture di copertina era la stessa.

Pubblicato nel 1957, al culmine della Guerra Fredda quando troppi scrittori tacevano o erano intimiditi, rimane un capolavoro. In un primo momento la narrazione suggerisce una reminiscenza piuttosto bon ton. Eppure nulla ho mai letto sulla guerra nucleare di così inflessibile nel suo avvertimento. Nessun libro è più urgente da leggere.

Alcuni lettori ricorderanno il film in bianco e nero con Gregory Peck come protagonista nelle veci del comandante della marina US, che dirige il suo sottomarino in Australia per attendere il silenzioso ed informe spettro scendere sull'ultimo dei viventi.

Ho letto "Sulla spiaggia" per la prima volta l'altro giorno, terminandone la lettura al momento stesso in cui  il Congresso degli Stati Uniti aveva approvato il decreto di legge per le sanzioni  economiche alla Russia, la secondo più letale potenza nucleare al mondo. Non vi era alcuna giustificazione per questo folle voto, tranne la promessa di un eventuale saccheggio.

Le "sanzioni" sono volte all'Europa, anche, e soprattutto alla Germania, che dipende dal gas naturale russo e alle imprese europee che fanno affari (legittimi) con la Russia. In quello che passò per un dibattito a Capitol Hill, i senatori più garruli non hanno lasciato alcun dubbio sul fatto che l'embargo era progettato per costringere l'Europa ad importare il costoso gas di scisto americano.

Il loro scopo principale sembra essere la guerra, quella vera. Una provocazione così estrema non può suggerire altro. Sembrano soffrirne di astinenza, anche se gli americani non hanno idea di ciò che la guerra sia. La guerra civile del 1861-65 fu l'ultima sul loro continente. La guerra é ciò che gli Stati Uniti fanno ad altri.

L'unica nazione ad aver usato armi nucleari contro esseri umani, abbattutoi governi , molti dei quali democratici, distrutto società intere - i milioni di morti in Iraq sono stati una frazione della carneficina in Indocina, che il presidente Reagan definì "una nobile causa" e il presidente Obama riqualificò in tragedia di un "popolo eccezionale"  E non si riferiva ai vietnamiti.

Mentre filmavo al Lincoln Memorial di Washington, l'anno scorso, ho sentito una guida del National Park Service parlare ad una comitiva scolastica di giovani adolescenti. "Ascoltate," diceva. "abbiamo perso 58.000 giovani soldati in Vietnam, e sono morti difendendo la vostra libertà."

In un solo colpo, la verità era invertita. Non fu difesa nessuna libertà. La libertà fu distrutta. Un paese contadino fu invaso e milioni dei suoi abitanti uccisi, mutilati, espropriati, avvelenati. 60.000 invasori persoro la loro vita. Tutt'altra cosa.

Una lobotomia viene eseguita su ogni generazione. I fatti vengono rimossi. La storia è escissa e sostituita da ciò che la rivista Time chiama un "eterno presente". Harold Pinter lo ha descritto come "una manipolazione del potere nel mondo, facendola passare per una forza per il Bene universale, un brillante, persino arguto, atto di grande successo di ipnosi, significante che il fatto non sia mai successo. Non é mai successo niente. Anche mentre ciò accadeva, ciò non accadeva. Non importava. Nessun interesse."

Coloro che si definiscono "radicali" (liberals - ndt) o tendenzialmente di "sinistra", sono i volenterosi partecipanti di questa manipolazione, e del suo lavaggio del cervello, che oggi si riferiscono ad un solo nome: Trump.

Trump è un pazzo, un fascista, una "babbeo vittima della Russia". Egli è dunque un dono per "cervelli radical chic in salamoia immersi nel formolo delle perdita di ogni identità politica ", ha scritto in maniera memorabile Luciana Bohne. L'ossessione per Trump l'uomo - non Trump come un sintomo e caricatura di un sistema duraturo - é di grande pericolo per tutti noi.

Mentre svolgono le loro fossili agende anti-russe, i media narcisistici, come il Washington Post, la BBC e il Guardian sopprimono l'essenza della più importante storia politica del nostro tempo soffiando sul fuoco ad un livello mai visto in vita mia.

Il 3 agosto, contro ogni prova, il Guardian ha dato in pasto una ipotetica notizia su una cospirazione russa con Trump (che ricorda quando l'estrema destra sbavava su John Kennedy come "agente sovietico"), seppellendo alla pagina 16, la notizia che il Presidente degli Stati Uniti era stato costretto a firmare un disegno di legge del Congresso di dichiarazione di guerra economica alla Russia.

A differenza di ogni altro atto firmato da Trump, questo fu tenuto in segreto virtuale, paragrafato da un monito scritto da Trump stesso come un fatto "chiaramente incostituzionale".

Un colpo di stato contro l'uomo alla Casa Bianca è in corso. Ciò non perché egli sia un essere odioso, ma perché é sempre stato chiaro sul fatto di non volere una guerra con la Russia.

Questo scorcio di sanità mentale, o di semplice pragmatismo, è un anatema per i gestori della "sicurezza nazionale" che custodiscono un sistema basato sulla sorveglianza, gli armamenti, le minacce e il capitalismo estremo. Martin Luther King li aveva definiti "i più grandi fornitori di violenza nel mondo di oggi".

Hanno circondato la Russia e la Cina, con missili e tutto un arsenale nucleare. Hanno usato neonazisti per mettere in piedi un instabile e aggressivo regime ai confini della Russia - lo stesso modo con cui Hitler la invase, causando la morte di 27 milioni di persone. Il loro obiettivo è quello di smembrare l'attuale Federazione russa.

In risposta, la parola "partnership" è usata incessantemente da Vladimir Putin - qualsiasi cosa, a quanto pare, che potrebbe fermare l'unità evangelica di una guerra degli Stati Uniti contro la Russia. L'incredulità in Russia potrebbe essere ora essere rivolta in paura e forse ad una certa rassegnazione. I russi hanno quasi sicuramente i mezzi per effettuare contrattacchi nucleari. Le loro esercitazioni antiaeree sono frequenti. La loro storia ha insegnato loro di essere sempre pronti al peggio.

La minaccia è simultanea. La Russia è il primo obiettivo, la Cina è il secondo. Gli Stati Uniti hanno appena completato un'enorme esercitazione militare con l'Australia conosciuta come Talisman Sabre. Hanno messo in scena un blocco dello Stretto di Malacca e del Mar Cinese Meridionale, attraverso i quali passano le rotte vitali economiche della Cina.

L'ammiraglio comandante la flotta americana del Pacifico ha dichiarato che, "se necessario", avrebbe "nuclearizzato" la Cina. Il fatto di avere fatto tali dichiarazioni pubblicamente nell'attuale atmosfera mondiale comincia a fare realtà della narrativa di Nevil Shute (l'autore di "Sulla spiaggia", ndt).

Niente di tutto ciò fa notizia. Nessun collegamento viene effettuato con il sangue versato  a Passchendaele un secolo un secolo fa (https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Passchendaele).
L'informazione onesta non fa parte della politica dei media attuali. Chiacchieroni, autonominati esperti, dominano: i capi redattori sono responsabili di una linea lobbista o di partito. Laddove una volta vi erano sottotitoli, adesso é un susseguire di luoghi comuni passati al frullatore. I giornalisti che non si allineano vengono neutralizzati

L'urgenza è ricca di precedenti. Nel mio film, The coming war on Cina, John Bordne, un membro dell'equipaggio di combattimento missilistico dell' US Air Force con base a Okinawa, in Giappone, descrive come nel 1962 - durante la crisi dei missili cubani - lui ei suoi colleghi avevano ricevuto l'ordine di "lanciare tutti i missili dai silos."

I missili, armati di testate nucleari, erano puntati sia alla Cina che alla Russia. Un giovane ufficiale aveva osato mettere in dubbio l'ordine di fare fuoco, ordine alla fine abrogato - ma solo dopo che erano state date loro pistole di servizio con consegna di sparare  ai membri dell'equipaggio della base che si fossero opposti all'ordine di tiro.

Al culmine della guerra fredda, l'isteria anti-comunista negli Stati Uniti era tale anche funzionari in missione ufficiale in Cina furono accusati di tradimento e licenziati. Nel 1957 - l'anno in cui Shute scrisse "Sulla spiaggia" - nessun funzionario del Dipartimento di Stato era in grado di parlare la lingua della nazione più popolosa del mondo. Interpreti e traduttori di mandarino furono rimossi ed eccoci arrivati al disegno di legge appena firmato dal Congresso e finalizzato alla Russia.

Il disegno di legge, é bipartisan. Non c'è alcuna differenza fondamentale tra democratici e repubblicani. I termini "sinistra" e "destra" sono senza senso. La maggior parte delle guerre moderne dell'America non sono state cominciate dai conservatori, ma dai radical-democratici.

Quando Obama ha lasciato l'incarico, aveva presieduto un record di sette guerre, compresa la guerra americana più lunga e una campagna senza precedenti di esecuzioni extragiudiziali - omicidi - con droni.

Nel suo ultimo anno, secondo uno studio del Council on Foreign Relations, Obama, il "guerriero riluttante liberale" ha sganciato 26.171 bombe - tre bombe ogni ora, 24 ore al giorno. Dopo aver promesso di aiutare a "liberare il mondo" dalle armi nucleari, il Nobel per la pace ha costruito più testate nucleari di ogni altro presidente dai tempi della guerra fredda.

Trump al confronto è un buono a nulla. E 'stato Obama - con al fianco la sua segretaria di Stato Hillary Clinton - che ha distrutto la Libia e lanciato una precipitosa fuga umana verso l'Europa. A casa, i gruppi di immigrazione lo conoscevano come il "Deporter in capo."

Uno degli ultimi atti di Obama come presidente fu di firmare un disegno di legge che ha consegnato un record di 618 miliardi di dollari al Pentagono, che riflette l'impennata del militarismo fascista negli Stati Uniti. 
Trump ha approvato.

Sepolto in un mare di dettagli vi é l'istituzione di un "Centro di analisi delle informazioni e di risposta". Un autentico "Ministero della Verità".  Esso ha il compito di fornire una "narrazione ufficiale dei fatti" che ci prepareranno alla reale possibilità di una guerra nucleare - se noi lo permetteremo.

Articolo originale di John Pilger:

Adattazione della versione italiana a cura di O.V.





                                                                                                                               

                        









mardi 11 avril 2017

La russofobie uccide

"No, la russofobia non è una moda inventata da una manciata di russi irritabili. Essa esiste." 

"Aristocrazia, liberalismo, progresso, principi ... Quante parole inutili! Un ebreo non ne ha bisogno." 


Difficile immaginare un cartello come questo nella metropolitana di Londra,  vero? Eppure ne troviamo decine, recante la stessa iscrizione, con una differenza: c'é scritto "russi", non "ebrei."

"Aristocrazia, liberalismo, progresso, principi ... Quante parole inutili! Un russo non ne ha bisogno." È la citazione dal romanzo di Ivan Tourgueniev "Padri e figli" scelta dalle edizioni britanniche Penguin per la loro ultima campagna pubblicitaria. Si tratterebbe di attirare l'attenzione dei passanti su un classico della letteratura pubblicato dalla casa editrice. Ma il manifesto non menziona il titolo del romanzo o il suo autore. Anche la citazione viene troncata. Ecco la versione originale: "Aristocrazia, liberalismo, progresso, principi... che parole strane... ed inutili ... Un russo non ne fa molto caso. "

Nel romanzo Turgenev, la frase è di Bazarov, il personaggio principale, noto per le sue convinzioni nichiliste. Ma questo dettaglio non è specificato. Ciò che rimane è questo manifesto bianco con uno scritto in rosso, proveniente da una fonte sconosciuta. E le idee che ne impregnano la mente. I russi non conoscono il progresso, non hanno principi ... ma è un po' quello che avete sempre pensato, vero? Se ho sostituito "russo" con "ebreo" all'inizio di questo testo, era per l'appunto, cari lettori, per farvi saltare dalla sedia. E per sottolineare la natura degradante e aggressiva della dichiarazione in questione.

Perché le manifestazioni di antisemitismo continuano a scioccarci (e per fortuna!). Mentre la russofobia ... la russofobia è oggi una delle poche forme di discriminazione tollerate. Anche se quelli con cui essa si esprime più violentemente di solito affermano che non esiste. Quando i membri della comunità russa a Londra, hanno richiesto una spiegazione alla casa editrice, é stato loro risposto che volevano "incuriosire la gente, incoraggiarla a cercare informazioni e aiutarli a scoprire libri degni di essere letti ". "Abbiamo semplicemente voluto celebrare queste opere," é stato loro spiegato.

Russofobia? Ma quale russobia! Questo disprezzo per i russi sembra così naturale ad alcuni che non si rendono nemmeno conto che ne danno la prova. Chi non si é mai permesso una gustosissima battuta sui russi, come ad esempio: "Oh, da voi si dà la vodka ai bambini, vero? "Chi non ha mai dissertato sulla presunta "inclinazione autoritaria" dei russi, che non sono "come noi " e amano il "pugno di ferro"? Il mito del russo aggressivo che cerca di dominare, schiaccia i deboli e aspira ad imporre la propria volontà sul pianeta è particolarmente forte. I media lo trasmettono tanto più volentieri che si fornisce una spiegazione semplice e completa per tutte le azioni della Russia nel mondo. Non c'è bisogno di guardare oltre. Perché studiare la storia delle relazioni della Russia con i suoi vicini? Perché interessarsi alla situazione dei diversi gruppi etnici e linguistici all'interno di questi stati? Qual è stata la questione delle varie influenze esterne e gli interessi delle grandi potenze in Ucraina o nei paesi baltici? È molto più semplice dire: "Putin è un cattivo colonizzatore, vuole controllare tutto, i popoli di questi piccoli stati gli resistono; i russi sono assetati di impero, odiano la libertà e non sopportano che altri la desiderino! "

Questa spiegazione, mediocre, è purtroppo l'unica che ci viene servita nelle trasmissioni televisive e sulle pagine dei giornali da anni. Invece di risolvere il nodo delle differenti e molteplici volontà, è molto più facile per i giornalisti di presentare i russi come aggressori e seminatori di zizania una volta per tutte. Dichiararli sempre colpevoli. Questo ha giustificato tutti gli attacchi contro di loro. Tanto per essere in grado di dire che se li attacchiamo é perché dobbiamo difenderci. Altrimenti, saranno loro ad attaccarci. Questo mito è alimentato da tanto tempo da parte nei paesi baltici: la Russia, spinta dalla sua insaziabile sete di conquista, avrebbe il desiderio nascosto di reintrodurre i suoi carri armati in Europa e dominare per davvero. E non importa che negli ultimi due secoli, la Russia non è mai stato l'aggressore, ma, al contrario, l'oggetto degli attacchi dell'Europa - la Francia nel 1812, la Germania nel 1941. Inaspettatamente, la Russia ha vinto due guerre che non aveva iniziato, dopo le quali avrebbe dovuto cessato di esistere. Tale, almeno, era l'obiettivo degli invasori. Ebbene, no - ancora oggi la Russia non cerca di invadere l'Europa. Per la cronaca, nel 1989, ha volontariamente ritirato le sue truppe dai paesi europei. Meglio: non si è opposto alla riunificazione della Germania, il paese che aveva la attaccata e sterminato milioni dei suoi cittadini (26, per l'esattezza).

La Russia aveva chiesto una cosa in cambio: che la NATO rimanesse lontana dai suoi confini. Questa promessa le era stata fatta, ma non fu mai tenuta. Infatti, il giorno in cui la Russia si é sentita minacciata dalle navi della NATO in Crimea e nella leggendaria città di Sebastopoli, anche lei ha fatto un un passo avanti. La Crimea è ritornata russa. Un compito reso più facile dai suoi abitanti che lo desideravano da venti anni. Andate a chiederglielo, se avete il minimo dubbio. Un altro mito da sfatare: contrariamente a quanto alcuni media vorrebbero far credere, le popolazioni delle ex repubbliche sovietiche non vogliono tutte starsene il più lontano possibile dalla Russia. Alcune persone lo vogliono, è vero, ma altri, molti di più, mantengono un buon ricordo della loro convivenza con la Russia nell'ambito del progetto sovietico, anche se dispiace ad alcuni. Mantengono legami familiari e cultura con la Russia e non sono disposti a romperli da un giorno all'altro. Alcuni, come nel Donbass, sono anche disposti a difenderli con le armi. Sorpresa! Ma perché interessarsi a tutti questi piccoli dettagli, perché cercare di capire le motivazioni di quelle persone strane che, invece di aspirare con tutte le loro forze ad una adesione all'Unione europea, vogliono rimanere mentalmente nel mondo russo?

Meglio ignorarli, fingere che non esistessero. Infatti, con la loro stessa esistenza, queste persone abbattono il mito della Russia opprimente dalla quale ogni amante della libertà se la da a gambe levate. Chiaramente, non deve essere così opprimente come si dice. Per alcuni, è ancora estremamente preziosa, con la sua lingua, la sua storia, i suoi autori, i suoi sogni e illusioni. Per loro, è semplicemente troppo vicina, non possono negarla. Chi lo avrebbe mai pensato? E invece no: invece di cercare di capire le motivazioni di coloro che, nonostante tutta la propaganda di cui il paese è l'oggetto, si accaniscono a voler rimanere russi. Ma noi preferiamo dire che sono manipolati, passivi, alienati, pazzi, non atti a riflettere in maniera autonoma. È più semplice. Quando qualcuno ha convinzioni che non si desidera conoscere, è più facile affermare che è incapace di pensare per se stesso, che le sue idee sono soffiate dalla propaganda.

In pratica solo chi denigra la Russia riflette in modo indipendente, lucido, intelligente ed acume. Gli altri sono necessariamente stupidi, gretti, malleabili e influenzabili. Non hanno idee loro! Questo modello è così scortese e arrogante che è difficile credere che possa funzionare. Ma è il caso. E così che tutti i principali media presentano il confitto in Ucraina fin dalla sua nascita: gli ucraini che vogliono prendere le distanze dalla Russia ed avvicinarsi all'Unione europea sono persone adulte, illuminate e benevole. Vanno verso il Bene e verso la Luce. I loro avversari sono ottusi, violenti e fanno da fanalini di coda. Sbagliano. Sono sub-umani. Non siatene scioccate - siamo a questi livelli. Per la maggior parte dei commentatori occidentali, i resistenti del Donbass sono esseri di rango inferiore. Come spiegare nel caso contrario il totale disprezzo per i loro morti e le loro sofferenze? Il rifiuto di vedere le centinaia di persone innocenti che cadono sotto le bombe di Kiev? L'incredibile cinismo espresso in conclusioni affrettate, sempre lo stesso: "Cadaveri? Ma sono gli stessi separatisti che macellano la loro gente! "Ovviamente, sono i separatisti che uccidono perché non hanno niente altro da fare. E l'esercito ucraino è probabilmente lì per svolgere operazioni umanitarie ...?

No, la russofobia non è una moda inventata da una manciata di russi irritabili. Essa esiste. Alimenta il cuore con odio. Provoca diffidenza e rifiuto. Fa chiuder gli occhi su chi soffre e di fatto li dichiara malvagi. Nutrita di antichi miti, ostacola ogni tentativo di comprensione. Acceca. Inacidisce e finisce per uccidere.

Articolo di Inna Tourkina: 

Trad. a cura di O.V.

jeudi 6 avril 2017

SIRIA AGGIORNAMENTO CRISI: ATTACCO US IMMINENTE? COSA SI PUÓ FARE?


(di Daniel Mcadams di The Ron Paul Institute for Peace and Prosperity)
Il presunto attacco con armi chimiche in Siria accaduto martedì scorso sta spingendo gli Stati Uniti verso un intervento militare di larga scala contro il governo di Assad. I media mainstream, i neoconservatori, e gli interventisti “umanitari” stanno creando una perfetta tempesta di pressioni sul Presidente Trump al fine di intraprendere un'azione militare.
Un attacco su larga scala degli Stati Uniti contro la Siria potrebbe essere imminente!
Quello che sappiamo:
1) Il presidente Trump ha detto oggi che “qualcosa dovrebbe succedere” al presidente siriano dopo il presunto attacco chimico. Ieri aveva accusato il governo siriano per l'attacco affermando di avere effettuato una svolta di 180 gradi su Assad, pochi giorni dopo che la sua amministrazione aveva dichiarato che un cambio di regime in Siria non era più una priorità per gli Stati Uniti.
2) La fonte segnala che il presidente Trump ha incaricato il suo segretario alla Difesa, James Mattis, di presentare un piano di attacco militare contro la Siria
3) Le nostre fonti interne al Senato hanno riferito che la commissione affari esteri del Senato voterà presto una mozione di condanna di Assad per l'attacco chimico. Secondo la nostra fonte, alle truppe ed al personale militare non saranno date informazioni su ciò che la comunità dell' intelligence sa o pensa di fare. I responsabili politici e militari non saranno informati dello sviluppo di tutto il  processo, con l'eccezione di alcune ONG e all'asse McCain / Graham / Corker a chi saranno fornite informazioni.
Quello che abbiamo sentito:
1) Gli USA hanno un drone nella zona dell'attacco che  permette loro di avere informazioni fotografiche  dettagliate su quanto effettivamente successo. Tuttavia le informazioni al riguardo non saranno condivise né con i senatori né con il pubblico.
2) Il presidente può aver già ordinato un massiccio attacco missilistico US sulla Siria, possibilmente qualcosa di tipo “colpisci e terrorizza” ("shock and awe") come avvenuto per la guerra in Iraq poco più di 15 anni fa. Potrebbe emettere un ordine esecutivo per l'attacco.
Quello che non sappiamo:
1) Come i russi reagiranno se gli Stati Uniti lanciano un attacco su larga scala contro un governo siriano in cui sono così profondamente coinvolti.
2) In che modo la regione (Iran, Turchia, Arabia Saudita) potrebbe essere influenzata nel periodo immediatamente ad un attacco massiccio da parte degli Stati Uniti contro la Siria se l'attuale governo siriano fosse estromesso.
3) chi riempirà il vuoto lasciato dall'attuale governo siriano.
Quello che sospettiamo accada:
1) Camera e Senato approveranno una risoluzione di condanna di Assad per l'attacco chimico utilizzando un linguaggio vago che potrebbe comunque essere ragionevolmente interpretato come un'autorizzazione all'uso della forza militare.
2) La risoluzione può anche contenere un linguaggio interpetrabile che dia un ultimatum ad Assad, simile a quello che fu dato a Milosevic e a Saddam Hussein subito prima dell'attacco americano.
3) Sia un attacco che uno stato di stallo potrebbero verificarsi nelle prossime ore.
Cosa puoi fare (per i cittadini americani. Per gli altri continuare ad allertare l'opinione pubblica in tutti i modi possibili):
È indispensabile contattare il vostro deputato senatore, così come la Casa Bianca, per fare in modo che il Congresso ed il Presidente non intraprendano alcuna azione militare contro la Siria prima che un'inchiesta approfondita sui fatti accaduti abbia reso le sue conclusioni.
DI NUOVO: UN ATTACCO MISSILISTICO SU LARGA SCALA DA PARTE DEGLI STATI UNITI CONTRO LA SIRIA POTREBBE ESSERE IMMINENTE.

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Copyright © 2017 by RonPaul Institute. Permission to reprint in whole or in part is gladly granted, provided full credit and a live link are given.
Please donate to the Ron Paul Institute
Trad. e adatt. a cura di O. V.





jeudi 30 mars 2017

L'Alta Corte di Giustizia di Londra può obbligare l'Ucraina a onorare i suoi debiti con la Russia


Il 29 marzo 2017, l'Alta Corte di Giustizia di Londra ha dato seguito alla richiesta della Russia riguardo ad una procedura rapida nella disputa con l'Ucraina sull'obbligo di quest'ultima di rimborsare il suo debito sovrano di 3 miliardi di $. Se davvero questa decisione intermedia é di buon augurio per la Russia, essa conduce politicamente ad alcune conseguenze che non vanno trascurate.

La Russia aveva inoltrato una richiesta all'Alta Corte di Giustizia di Londra al fine di vedere riconosciuto l'obbligo dell'Ucraina di rimborsare il prestito di $ 3 miliardi di euro, concesso da essa ai tempi di Yanukovich, quindi prima del colpo di stato di Maidan. L'Ucraina contesta l'obbligo del rimborso. Questo rifiuto era stato fatto da N. Jaresko, americana, chiamata un tempo dal governo Ucraino per ristrutturare il debito del paese, e che ora è stata inviata a Porto Rico per lo stesso scopo.

L'Ucraina basa il suo rifiuto sul fatto che la Russia chiedendo il pagamento del debito, eserciterebbe una pressione sull'Ucraina della stessa natura dell' "annessione" della Crimea o dell'"intervento militare" sul territorio ucraino.

Il giudice W. Blair, fratello maggiore di T. Blair, in una decisione interlocutoria respinge questi argomenti:
On Wednesday, Judge William Blair of the High Court of Justice, the older brother of former British Prime Minister Tony Blair, ruled that Ukraine had presented "no justifiable defense" for not paying on a $3 billion Eurobond deposed President Viktor Yanukovych sold to Russia in December 2013, less than three months before he fled Ukraine. The judge refused Ukraine's request to hold a trial in the case and said he would like to distinguish between the law in the case and the "troubling" political and military background such as the Russian annexation of Crimea and its backing for separatists in eastern Ukraine.
Certo, la procedura sarà fatta a porte chiuse, in base al contratto stabilito, e non può essere dunque politicizzata dall'Ucraina. In questo senso, ci sono molte possibilità che, di fatto, l'Ucraina debba pagare alla Russia i 3 miliardi di  $, più gli interessi che non sono trascurabili. Questo avrà un impatto sull'economia ucraina, già indebolita dalla politica incoerente del governo in carica.

Ma che cosa significa questa decisione dell'Alta Corte di Giustizia di Londra?

L'Ucraina vorrebbe giocare su due tavoli diversi. Da un lato, la rivoluzione, e dunque la rottura della continuità dello Stato, per non avere ad adempiere agli obblighi internazionali assunti dallo Stato ucraino prima del Maidan, o adempierli in modo casuale. D'altra parte, la continuità dello Stato, quindi la negazione della rivoluzione, per invocare la difesa dell'integrità territoriale e quindi condannare la rivolta del Donbass e il referendum in Crimea che ha portato al ricongiungimento con la Russia.

L'Alta Corte di Londra e i tribunali internazionali non cadono in questa confusione ucraina perché ne colgono le conseguenze geopolitiche, che sono in contrasto con la posizione ufficiale della comunità internazionale. In questo dossier del debito sovrano ucraino, il giudice Blair ha seguito il principio del "pacta sunt servanda", vale a dire l'obbligo dello Stato ad adempiere ai propri obblighi contrattuali. Questa è la posizione della Russia. Ma ciò implica la continuità dello Stato ucraino.

L'Ucraina, in qualche modo, ha invocato lo "sic stantibus rebus", secondo la quale un contratto resta applicabile a meno che le circostanze essenziali che hanno portato alla sua conclusione non siano state significativamente alterate. In altre parole, se le circostanze cambiano radicalmente, il contratto non esiste più. In particolare, quando uno dei contraenti non esiste più: se l'Ucraina post-Maidan non è più l'Ucraina pre-Maidan per esempio. Tale è il caso delle rivoluzioni, dove non vi è uno stato di continuità, ricordiamo per esempio i BTP russi del vecchio regime pre-rivoluzionario. La posizione dell'Ucraina emerge da questa logica. Senza capire che così giustifica sia l'annessione della Crimea alla Russia che la rivolta del Donbass.

L'Alta Corte di Londra non ha proseguito su questa strada. C'è una buona possibilità che essa richieda all'Ucraina di pagare, evitando così che la sua decisione possa essere interpretata come un riconoscimento indiretto della legittimità della secessione della Crimea e la resistenza del Donbass.

Testo originale di Karine Bechet-Golovko: 

Trad. e ad. per la versione in italiano a cura di O.V.


samedi 4 février 2017

RUSSIA/ USA 2: È TEMPO DI GOVERNARE.

Come abbiamo già scritto, non è scontato che gli Stati Uniti considerino la Russia come un alleato, la loro lotta e le loro aspettative essendo diverse. D. Trump ha iniziato un feroce attacco del sistema neoliberista (e postmoderno) e delle sue componenti, mentre la Russia era in attesa del ritorno di una nuova ridistribuzione del mondo. Gratuitamente. Se la Russia non corregge rotta, rischia di perdere il posto.

L'arrivo di D. Trump alla presidenza degli Stati Uniti è stata accompagnata da un dibattito continuo nei media russi, da parte dei politici, che affermano che le sanzioni contro la Russia volgono alla fine, l'eventuale riconoscimento della Crimea ed il ritorno nel girone geopolitico  russo dei paesi confinanti. In breve, una nuova Yalta. Ma senza i 27 milioni di morti sovietici della Seconda Guerra Mondiale. Proprio così, a titolo gratuito, perché D. Trump è a priori un alleato.

Essendosi posta in  posizione di attore richiedente, visualizzando le aspettative a cielo aperto, non solo la Russia ha complicato il compito degli Stati Uniti, se mai questi fossero stati veramente intenzioni a prendere tali decisioni - ora, ovviamente, impossibile perché troppo presto pubblicizzate - ma soprattutto la Russia ha indebolito la propria posizione di partenza trovandosi oggi in una situazione di stallo: come reagire, senza perdere la faccia, per le dichiarazioni non esattamente amichevoli  di promesse di amicizia eterna?

E su questo punto, sembra che l'Ucraina abbia trovato ottimi consiglieri, lontano dal gruppo post-modernista (sulla scia di Kirienko e l'invincibile Surkov) che ha invaso l'amministrazione presidenziale russa ed è totalmente inadatta al nuovo paradigma delle relazioni russo-americane.

Consideriamo alcuni esempi.

L'ambasciatore degli Stati Uniti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Nikki Haley dice che la Crimea é ucraina e che le sanzioni saranno abolite quando la Russia cesserà l'occupazione:
"The United States continues to condemn and call for an immediate end to the Russian occupation of Crimea," said Nikki Haley, President Donald Trump's envoy to the world body. "Crimea is a part of Ukraine. Our Crimea-related sanctions will remain in place until Russia returns control over the peninsula to Ukraine."
I commentatori russi si perdono allora a ipotizzare congetture sulla situazione per tutta la giornata di ieri sulla stampa e sulle televisoni. La spiegazione è semplice: è cattiva, ma lo zar è buono, quindi non è responsabile. Così, non avrebbe raccomandazioni dalla Casa Bianca e le sue parole non impegano che lei. Come prova, le sue posizioni sono molto diverse dalle dichiarazioni D. Trump durante la sua campagna elettorale.

Infatti, molto diverse. Ma il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, ha messo fine alle illusioni nel breafing del 3 febbraio:
Q  Ambassador Nikki Haley came out with a strong statement on Russia yesterday.  Does the administration have plans to keep the sanctions against Russia in place, or do they have any intention of adding more sanctions?
MR. SPICER:  So there's two things.  One, I think I commented the other day on the sanctions that Treasury put out.  Those are, in fact, routine -- or the clarification -- they are a routine clarification that occurs.  With respect to the sanctions, I think Ambassador Haley made it very clear of our concern with Russia's occupation of Crimea.  We are not -- and so I think she spoke very forcefully and clearly on that. 
La posizione di N. Haley è la posizione ufficiale degli Stati Uniti. Il portavoce del Cremlino, D. Peskov ha detto che la Russia non si era fatta grandi illusioni circa la cancellazione delle sanzioni. Il che è una buona cosa. Ma ciò è per il momento senza alcuna conseguenza per quanto riguarda la posizione russa. Tuttavia, la retorica anti-russa continua nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Senza isteria senza indebolimento. Fredda e razionale. Molto più pericolosa di S. Power.

In risposta, l'ambasciatore russo alle Nazioni Unite, V. Tchurkine, ha invitato il suo omologo americano ad una discussione nella sua residenza, solo per dichiarare che entrambe le parti sono pronte a lavorare a stretto contatto con le Nazioni Unite. Aspettiamo la dichiarazione successiva.

È vero che quando un paese decide di una linea politica, è oggettivamente difficile cambiarla. Così, è stato con il nuovo Segretario di Stato, Rex Tillerson, quando afferma che la Russia è un pericolo. Il ministro degli Esteri russo S. Lavrov, si congratula per la sua nomina con la speranza di un rapporto costruttivo.

Anche sull'Ucraina la reazione russa è sorprendente. L'Ucraina riconosce la sua offensiva contro il Donbass apertamente, e non solo nei media ucraini, ma anche lanciando alla faccia dei giornalisti russi del canale pubblico russo Rossya 1 nella trasmissione "60 minuti" di ieri. Il politologo ucraino V. Kovtun lo dice con violenza:
"L'Ucraina continuerà l'offensiva fino ai  suoi confini e non si fermarà  fino a quando non avrà recuperato la sua terra. Gli accordi Minsk non sono lì per fermare l'esercito ucraino, ma per mantenere le sanzioni contro la Russia."
E, in effetti, siamo stupiti dalla stranissima formulazione scelta dal portavoce del Cremlino, D. Peskov, circa l'escalation del conflitto nella Donbas:
"La Russia può intervenire solo sul piano politico e diplomatico, lo fa (...) La sfida principale é  convincere Kiev ad abbandonare la sua avventura criminale, un'avventura che può mettere un termine al processo la pace. (...) resta solo da sperare che la DNR abbia abbastanza munizioni per rispondere alle azioni aggressive dell'esercito ucraino ".
Dio sia con voi fratelli! È questa la traduzione? Spero ce ne sia un'altra.

Su questo punto, Kiev ha avuto degli ottimi consulenti. Prima, durante le offensive ucraine, la reazione era più forte con conseguenze l'ampliamento dei territorii della DNR (come in Debaltsevo, per esempio). Ora questo rischio non esiste più, la Russia non vuole entrare in conflitto con Trump e la DNR è costretta ad una guerra difensiva. Ma non si vince una guerra con una strategia esclusivamente difensiva.

Mosca non riesce ad adattarsi alla nuova amministrazione americana e spera ancora che il sole brilli sulle loro relazioni e non ha il coraggio di muovere un dito, respira delicatamente  per paura di fare troppo rumore. Nel frattempo, D. Trump governa in modo aggressivo per mettere in atto gli schemi politici che ritiene necessari. E in alcun caso mette in discussione il predominio americano, dal momento che vuole rafforzare il paese. Egli non ha motivo di condividere il potere, a meno di  esserne costretto. E, stranamente, la Russia non utilizza questo tempo per alzare la posta in gioco e mettere le sue pedine. Aspetta, dice che perdona, che capisce, spera. Trump è tornato alla politica nazionale, quella di difendere l'interesse nazionale. La Russia è impantanata nel post-modernismo, proprio quello che ha indebolito l'Europa. Se non cambia la sua strategia, il rischio é che sia troppo tardi per avere qualcosa da scambiare nel tanto - e troppo - atteso incontro Putin/Trump che si terrà. La Russia esiste indipendentemente da Trump degli Stati Uniti e dei loro interessi.

Dovrà riprendersi, prima di risentire urlare un certo Gelezniak, come nel 1917:  Караул устал! La guardia è stanca, è giunto il momento di governare. Sarebbe un triste anniversario.

Articolo originale di Karine Bechet-Golovko:

Trad. e ad. a cura di O. V.