Vladimir Putin e il nucleare :
Si vis pacem, para bellum
di Philippe Migault - http://fr.sputniknews.com/points_de_vue/20150319/1015257542.html
Le
recenti dichiarazioni del capo di stato russo, in un
documentario andato in onda domenica
scorsa sul canale televisivo
Rossiya 1, hanno
scatenato una raffica di titoli allarmistici. "Putin ha agitato la minaccia nucleare in Crimea", cita Le Monde. "Crimea: Putin era pronto al
confronto nucleare", affermano Les Echos. Abbastanza
da spaventare il lettore ignorante che tale lettura avrebbe potuto legittimamente indurre a
credere che la
primavera scorsa fossimo ad un passo da un olocausto nucleare. Tranne che in quel momento nessuno si era reso conto di nulla. Per una buona ragione: la Russia non
ha mai esercitato alcun ricatto
nucleare nel capitolo della Crimea. Se fosse
stato il caso, tutti sono ben consapevoli che la NATO, il
Dipartimento di Stato, Bruxelles, i nostri media e le
nuove autorità ucraine avrebbero sufficientemente
gridato al lupo
affinché la notozia del pericolo arrivasse alle nostre orecchie.
Il quotidiano gratuito
"20 minutes", più rigoroso rispetto ai suoi prestigiosi
colleghi, lo dice chiaramente: "Crimea: Un anno fa Putin prendeva in cosiderazione la
messa in stato di allerta delle forze nucleari russe."
Il presidente russo, lontano dal brandire i suoi missili intercontinentali come Krusciov
aveva fatto, si era dunque accontentato, secondo "20 minutes", di esaminare l'ipotesi dell'adozione di una postura deterrente
qualora avesse dovuto affrontare "una svolta sfavorevole che i fatti avrebbe potuto prendere", cioè in caso di
attacco delle forze occidentali. Vale a dire che era pronto a fare
tutto ciò che logicamente ogni capo
di Stato, francese, americano
e non che dispone del fuoco nucleare, farebbe in caso
di minaccia grave contro il suo
Paese. Nulla di cui
correre ai ripari.
La Russia, che ha fatto diversi test di missili strategici nel 2014, ha, come al solito, informato i paesi occidentali di questi
test. Nessuno nei circoli decisionali "occidentali" a Washington o altrove, ha mai avuto l'idea di dichiarare una guerra per "salvare l'Ucraina". Il rischio che si fosse arrivato ad uno scenario di confronto nucleare con la Russia
era pari a zero. Vladimir Putin a mezze parole suggerisce anche di non avere mai realmente pianificato la messa su un piede di guerra del suo dispositivo atomico: "Ho parlato con i miei colleghi (occidentali) (...) Abbiamo avuto un dialogo franco e aperto. Ed è per questo che credo che nessuno abbia voluto innescare un conflitto globale." (cit.)
Ma poco importa che
non sia successo nulla, che non ci sia mai stato alcun rischio. Nel clima di
paranoia politica e dei media, se si incolla "Putin" e
"nucleare" in una frase, averete la vostra piccola crisi cubana a
buon mercato, un surrogato da brivido termonucleare per coloro che non hanno
avuto la possibilità di conoscere la vera guerra fredda. Il processo, rude, fa
sorridere tanto più che i giornalisti che lo utilizzano non sembrano capire che
avvantaggia specificamente colui che essi odiano: Vladimir Putin. Ogni attacco
"occidentale" gli fa guadagnare popolarità record tra il popolo russo.
I commenti che ha fatto nel documentario di cui sopra, hanno in questo senso
pienamente funzionato.
È un dato di fatto che la popolarità del presidente russo, un anno dopo l'annessione della Crimea, nonostante le sanzioni, le difficoltà economiche, rimane saldamente radicata e superiore all'80%. E Vladimir Putin, per quanto incredibile possa sembrare, in Francia, dove si immagina che il suo potere sia una monarchia quasi assoluta, che abbia bisogno di questo sostegno popolare per consolidare il suo gioco di potere, sa perfettamente come giocare sul registro del "capo inflessibile", che nessuna pressione raggiunge, per mantenere questo stato di grazia.
I
voli dei bombardieri strategici russi, le molteplici manovre delle
forze armate, sono da iscrivere
in questo quadro, non in quello di una qualsiasi aggressione da
parte "dell'orso russo" nei confronti dei paesi baltici o in
procinto di colpire Londra o Parigi. Puro duplice atteggiamento ad uso diplomatico-elettorale.
Perché la Russia mostra la sua
forza, solo se è veramente preoccupata.
I russi, ne siamo
spesso inconsapevoli Francia e in "Occidente" in generale, temono
profondamente un'aggressione straniera, temono di rivivere traumi passati.
Quest'anno ricorre il 70 ° anniversario della vittoria sulla Germania nazista. Le
perdite umane cumulate dal Regno Unito, la Francia e gli Stati Uniti durante la seconda
guerra mondiale sono di circa un milione. Non si tratta di sminuire il ruolo degli
alleati, di essere ingrati verso gli americani, di dimenticare la resistenza
ammirevole degli inglesi, il sacrificio della resistenza francese, quella
eroica della Polonia. Ma non si deve dimenticare che furono i sovietici, tra
cui i russi, che hanno fatto il mazzo alla Wehrmacht. Che hanno pagato questa
vittoria con 27 milioni di morti. Ogni famiglia ha pagato il suo prezzo di
sangue e lo ricorda ancora oggi. Ogni abitante di Leningrado, la città di Putin
ricorda l'assedio della città che causò la morte di un milione di abitanti. Che
la gente a volte era costretta di nutrirsi con carne umana per sopravvivere. Che i bambini
sono stati i primi a soffrire della carestia.
Ne
é rimasta una paura, un ansia
transgenerazionale, alimentata dal culto degli eroi della
Grande Guerra Patriottica, perno
del patriottismo russo più che nostalgia del comunismo e dell'Unione
Sovietica. Questa paura è oggi alimentata dalla guerra in Ucraina, dalle immagini
della milizia ucraina della Guardia Nazionale che mostrano le rune delle SS sulle
loro uniformi.
Poco importa che per i russi questi fanatici siano una piccola minoranza dei loro fratelli ucraini.
Poco importa che questi SS da operetta non abbiano alcun reale valore di disturbo contro la Russia.
Poco importa che per i russi questi fanatici siano una piccola minoranza dei loro fratelli ucraini.
Poco importa che questi SS da operetta non abbiano alcun reale valore di disturbo contro la Russia.
Poco
importa che la NATO,
a 130 chilometri da San Pietroburgo, da
Leningrado non abbia l'intenzione di ripetere l'Operazione Barbarossa.
I russi, dato la loro sofferenza passata, non operano nel razionale. Sono anche loro umani. Anch'essi obbediscono, reagiscono ai simboli. Anch'essi, come tutti, possono non discernere la realtà della minaccia e quindi reagire in modo eccessivo.
Ma sono all' immagine del loro animale totem, l'orso, che attacca l'uomo solo se si sente attaccato. Come lui si lamentano. Organizzano parate giganti sulla Piazza Rossa. Esaltano i loro vecchi combattenti con le loro vecchie uniformi, le loro vecchie medaglie.
Si
inorgogliscono delle nuove armi che i loro media presentano loro, carri armati,
missili, aerei, navi ... sono tutti dietro il loro Presidente
perché dicono che con un uomo di questo calibro alla testa, nessuno oserà attaccarli . Perché sognano,
nella stragrande maggioranza, di una
cosa. Non del ripristino dell'Impero degli Zar, o della ricostruzione del potere sovietico.
Sognano di essere lasciati tranquilli e che la loro economia
si riprenda.
La
nuova dottrina di difesa russa, che sarà
discussa nelle prossime settimane, è profondamente rivelatrice di questo stato d'animo. Certo, essa inplica l'apertura
del fuoco atomico in caso di attacco non
nucleare che minacci l'esistenza stessa dello stato
russo. Ma ciò non rappresenta nulla di nuovo rispetto
alla precedente dottrina del
2010. Niente di nuovo rispetto
alla dottrina francese dell' "ultimo
avvertimento", che comprendeva anche il primo utilizzo dell'atomo.
E il paragone non è innocente.
Eravamo pronti a lanciare attacchi nucleari tattici durante la Guerra Fredda (n.d.r. la Francia) perché sapevamo che le nostre sole forze convenzionali non sarebbero state in grado di proteggerci. La Russia di oggi è nello stesso stato d'animo. Il Cremlino non ha illusioni circa la capacità delle sue forze armate, nonostante gli sforzi di modernizzazione in corso, qualora una grave aggressione fosse portata contro il suo territorio. Ed al fine di scoraggiare ulteriormente un tale scenario, avverte che è determinata a difendere i propri interessi vitali fino alla fine. Nulla di più.
E il paragone non è innocente.
Eravamo pronti a lanciare attacchi nucleari tattici durante la Guerra Fredda (n.d.r. la Francia) perché sapevamo che le nostre sole forze convenzionali non sarebbero state in grado di proteggerci. La Russia di oggi è nello stesso stato d'animo. Il Cremlino non ha illusioni circa la capacità delle sue forze armate, nonostante gli sforzi di modernizzazione in corso, qualora una grave aggressione fosse portata contro il suo territorio. Ed al fine di scoraggiare ulteriormente un tale scenario, avverte che è determinata a difendere i propri interessi vitali fino alla fine. Nulla di più.
Si
vis pacem
para bellum.
Philippe Migault (trad. Oronzo Vazonzo)
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