Ogni tanto, con molta discrezione, la stampa russa tira fuori qualche
articolo in materia di estradizione verso l'Ucraina di cittadini ucraini che
hanno combattuto nelDonbass contro il nuovo regime e hanno violato la
legislazione sul soggiorno temporaneo in territorio russo. Ciò significa che i
tribunali russi, a differenza del Ministero degli Affari Esteri, non ritengono
che in Ucraina vi sia una guerra civile, nella quale cittadini ucraini combattono
contro il regime post-Maidan, e che non vi è alcun rischio per le loro vite? Il
fatto stesso che possano essere adottate tali decisioni è una vergogna per l'intero
sistema giudiziario, che dovrebbe proteggere le persone e non inviarle alla
tortura o alla morte.
Mentre i talk-show politici sfornano le loro dosi giornaliere di dibattiti caricaturali,
in cui i partecipanti fanno a gare nelle invettive reciproche, mentre i media
ricordano costantemente il regime ucraino neonazista post-Maidan e la titolare porta-parola
del Ministero degli Affari Esteri continua a mettere in risalto episodi di
trattamenti inumani e degradanti, detenzioni arbitrarie, violazioni dell'integrità
fisica di avversari del regime ucraino "pro-europeo", la giustizia
russa, lei, prende regolarmente decisioni in materia di estradizione verso l'Ucraina
di veterani del Donbass che hanno cercato rifugio in Russia.
La maggior parte di questi veterani hanno violato le regole di residenza
legale, non sono fuoriusciti a tempo e si ritrovano condannati ad essere
estradati di forza in Ucraina. È il caso di Vyacheslav Egorov nel 2016. Tenente,
ex combattente nei ranghi del battaglione Oplot contro gli ucraini, condannato
in primo grado e in appello all'estradizione. È anche il caso di GuenadyAnisimov. Anch'egli del battaglione Oplot, fu torturato durante la sua
detenzione dai militari ucraini. Nonostante la richiesta di asilo politico nel
2016, che gli era stato negato per mancanza di prove del suo coinvolgimento a
fianco dei combattenti. Alcuni, in seguito a campagne di sostegno sui giornali,
hanno avuto le loro condanne annullate. È il caso di Vladimir Veklitch, fermato
dalla polizia nel 2016, condannato in primo grado all'estradizione e che,
infine, ebbe la sentenza annullata in appello. Non esistono statistiche
ufficiali per determinare il numero di persone in questa situazione, ma secondo
alcuni sostenitori, una ventina di combattenti avrebbero potuto essere risparmiati.
In linea di principio, un giudice non può estradare una persona la cui vita
sarebbe in pericolo nel paese di destinazione. Quindi, formalmente, in particolare
nel caso contro Alexandr Slepcov nel 2017, il giudice decise di estradarlo in
Ucraina, perché "non v'è alcun motivo concreto di ritenere che l' imputato,
nel suo paese di origine, rischi di essere sottoposto a tortura, a pene o
trattamenti inumani o degradanti. Egli non ha fornito prove concrete a supporto
di questa tesi ". A. Slepcov per l'appunto, aveva fatto richiesta alle
autorità competenti russe al fine di regolarizzare la sua situazione
amministrativa. La sua richiesta fu rifiutata e fu condannato all'estradizione.
Fortunatamente per lui il gruppo Unione
dei volontari del Donbass riuscì in extremis a recuperarlo appena prima che le
SBU lo arrestasse. (Per informazione riguardo l'assenza di rischi per la sua
sicurezza: poco prima del processo, la figlia di 13 anni che vive nella regione
di Kharkov fu picchiata da un gruppo di estremisti al suono di "figlia di terrorista".)
Altro nuovo caso sfornato di fresco:
la decisione di estradare Maxim Shadrov , di Odessa. Anche egli condannato a
causa della violazione della legislazione giuridica sul soggiorno in Russia. Ma
il suo caso è penalmente più solido. Egli riconosce di avere violato la legislazione
russa, ma ricorda di aver partecipato ai combattimenti nel Donbass e quindi non
può oggettivamente andare in Ucraina. Anche in questo caso, il giudice con una
frase, spazza via l'obiezion che Shadrov
corra un reale pericolo per la sua vita.
La decisione è presa.
(Per informazione, Shadrov è sul sito Mirotvorets "uomini
da abbattere".):
La questione è in realtà abbastanza semplice: o in Ucraina c'è davvero un
regime sanguinario, che combatte armi alla mano chi lo contesta, coloro che
combattono per il popolo russo, che vogliono proteggere il loro territorio,
anche con le armi, e in questo caso estradarli verso l'Ucraina equivale a
condannarli a morte, oppure la giustizia russa riconosce la legittimità del
regime ucraino post-Maidan, il suo stato di diritto, il rispetto dei diritti e
delle libertà, il funzionamento della polizia e della giustizia ucraina, e in
questo caso è effettivamente possibile estradare gli ex combattenti , in quanto
la giustizia russa riconoscerebbe in ultima analisi, che si tratta di
terroristi che hanno violato senza alcun fondamento legittimo il regime di
residenza in Russia.
Nel primo caso, si capiscono meglio i talk show, le note diplomatiche, le dichiarazioni
politiche, i processi. Nel secondo caso, non è chiaro il motivo per cui la
Russia punti un dito accusatorio contro la pericolosità di un regime verso il
quale la sua giustizia spedisce coloro che lo combattono.
Articolo originale di Karine Bechet-Golovko, 5 novembre 2018:
Adattazione italiana a cura di O.V.
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